Studiare all’estero oggi: il coraggio di mettere il mondo nello zaino
Ogni volta che preparo un ragazzo alla sua prima partenza mi ritrovo a rivivere la stessa domanda: che cosa significa, oggi, lasciare casa per studiare oltre confine? In questo post raccolgo alcune riflessioni nate dall’ultimo capitolo del mio libro e dall’esperienza quotidiana come educational counselor: uno sguardo integrato su emozioni, sfide pratiche e potenzialità di un percorso che, nonostante le incertezze del presente, resta una risorsa straordinaria per i giovani e per le loro famiglie.
Studiare all’estero nell’era delle incertezze globali
Studiare all’estero richiede coraggio? Certo, può essere una sfida per ragazzi e famiglie, soprattutto in un momento storico carico di interrogativi per le nuove generazioni. Eppure rimane un’opportunità unica.
Una scelta di presenza, non di fuga
Quando ho iniziato la mia attività, circa dieci anni fa, il compito di guidare i giovani verso il loro futuro appariva relativamente più lineare e prevedibile rispetto a oggi. Oggi, il panorama globale è diventato estremamente instabile e incerto, con shock continui e repentini cambiamenti. I genitori si chiedono: “Quali strumenti e competenze dobbiamo fornire ai nostri figli per prepararli alle sfide future?”.
Eppure, i ragazzi continuano a fare le valigie e a intraprendere percorsi di studio e vita all’estero. Non è una fuga, ma un atto di presenza e determinazione. Vogliono capire il mondo direttamente, non solo attraverso uno schermo. La loro scelta di studiare all’estero rappresenta una precisa dichiarazione di intenti: immergersi nell’esperienza e costruire la propria identità in un contesto globale e plurale.
In questo contesto, è fondamentale equipaggiarli con gli strumenti e le competenze necessarie per affrontare le sfide di un mondo in continua evoluzione. Mai come oggi è cruciale aiutarli a essere ben preparati e resilienti di fronte alle incertezze del futuro, dotandoli di ciò che realmente conta per navigare con successo nella loro vita.
Le emozioni nel bagaglio
Dietro la foto all’aeroporto e il sorriso tirato si accampano emozioni stratificate: euforia, timore di non farcela, nostalgia preventiva. Da educational counselor — lo sapete, è il mio terreno d’elezione — osservo che la gestione di questa giostra emotiva è già metà del percorso formativo. Riconoscere la paura, nominarla, capirne la funzione protettiva significa trasformarla da freno a bussola. Poi c’è l’entusiasmo, un motore indispensabile ma da calibrare: un’euforia incontrollata può travolgere la capacità di pianificazione.
Insegnare ai ragazzi a stare in ascolto delle proprie emozioni — con strumenti concreti, non con slogan motivazionali — li prepara a dialogare con culture diverse molto meglio di qualsiasi manuale di conversazione. Ed è sorprendente notare come, appena imparano a “tenere il volante emotivo”, riescano poi a gestire con più lucidità persino la burocrazia o la pianificazione delle spese.
Il contributo silenzioso (ma decisivo) delle famiglie
Ripeto spesso, anche negli incontri con i genitori, una frase del mio libro “Studenti a tutto mondo” che rivolgo in particolare a loro quando si concretizza il percorso di studiare all’estero: “Non caricateli della vostra ansia… non copriteli di raccomandazioni… hanno già dimostrato coraggio e maturità.” Troppe raccomandazioni infatti diventano zavorra, troppa ansia si trasforma in profezia che si auto-avvera.
Suggerisco tre movimenti essenziali.
- Fiducia dichiarata: dire esplicitamente «Siamo sicuri che ce la farai». La fiducia a parole riduce il rumore delle paure non dette.
- Confini chiari: pattuire come, quando e perché ci si sente. Una cornice di contatto regolare evita il controllo soffocante.
- Ritorno rituale: un momento fisso — vacanze di Natale o fine semestre — in cui rivedersi di persona per fare il punto. Il rituale fa da cerniera fra due mondi, quello di casa e quello nuovo.
Così il distacco diventa esperienza di crescita reciproca, non frattura. I genitori scoprono che anche loro, rimanendo fermi, intraprendono un viaggio: imparano a fidarsi del processo, a rinegoziare i confini dell’affetto e, in molti casi, riscoprono la propria autonomia oltre al ruolo genitoriale.
Competenze che non si insegnano a scuola: autonomia e resilienza
A lezione si apprende fisica o letteratura, ma sulla metro di una città nuova si impara a chiedere informazioni in un’altra lingua, a fare i conti con gli imprevisti, a tollerare il disagio di perdersi. Sono micro-eventi che costruiscono quella resilienza di cui tutti parlano. L’esperienza internazionale comprime in pochi mesi apprendimenti che a casa richiederebbero anni:
- Problem solving rapido (il bus notturno che salta, la carta di credito che non passa).
- Abilità interculturale (decifrare i linguaggi del corpo, cogliere le sfumature dell’umorismo, rispettare codici sociali diversi).
- Gestione del tempo e del denaro (bollette in sterline, esami in crediti ECTS, budget settimanale in una valuta che fluttua).
Non a caso, le ricerche sull’occupabilità confermano che chi rientra da un periodo di studio all’estero gode di un vantaggio competitivo: porta con sé certificazioni formali, certo, ma soprattutto un set di soft skill che le aziende e le istituzioni faticano a formare dall’interno. Queste competenze entrano in risonanza con l’innovazione: il laureato internazionale è spesso chi, in azienda, propone processi più inclusivi, modelli di business sostenibili, partnership oltre i confini nazionali.
Lo sguardo dell’educational counselor: un filo rosso che tiene insieme tutto
Parlo di queste dinamiche perché, nel mio lavoro di educational counselor, le vivo quotidianamente a 360 gradi: dall’orientamento accademico alla pianificazione finanziaria, dall’allenamento emotivo alla traduzione pratica della burocrazia. È un punto di osservazione privilegiato che mi permette di cogliere l’interconnessione fra dimensioni spesso trattate come compartimenti stagni.
Quando un ragazzo riesce a scegliere l’università più adatta alle sue inclinazioni, a gestire un budget realistico e ad affrontare un attacco di homesick senza andare in tilt, non sono tre successi separati: è lo stesso filo rosso della consapevolezza che attraversa ogni decisione. Ho imparato sul campo che la competenza emotiva rafforza quella finanziaria e viceversa; che la scelta accademica dialoga con l’identità personale; che perfino la burocrazia, se decodificata con pazienza, diventa palestra di autonomia.
Per questo, quando parlo di “partire oggi”, non mi riferisco mai a un gesto isolato, ma a un ecosistema di scelte che si alimentano l’una con l’altra. E se oggi mi soffermo sulla centralità delle emozioni, domani potrei dedicare spazio alle borse di studio o alle differenze fra i sistemi universitari: temi diversi, stessa prospettiva integrata.
Guardare al futuro con lucidità e determinazione
I giovani che incontro oggi non sono ingenui: hanno vissuto due crisi economiche globali, una pandemia, un conflitto europeo e stagioni di disastri ambientali senza precedenti. Sanno bene che il futuro richiede loro di essere flessibili e di possedere un pensiero critico. Per questo motivo, scelgono percorsi universitari innovativi che includono internship obbligatori, moduli di sostenibilità e progetti di impegno civico. Cercano atenei che non si limitino all’eccellenza accademica, ma che promuovano anche l’innovazione sociale.
È nostro compito, come adulti, riconoscere e valorizzare questa loro lungimiranza, evitando di liquidarla come semplice ottimismo. Dobbiamo creare spazi di confronto autentici, piuttosto che offrire soluzioni preconfezionate; dobbiamo essere disposti ad ascoltare le loro domande prima di proporre le nostre risposte. Se li coinvolgiamo nei processi decisionali — nelle scuole, nelle aziende, nelle istituzioni — scopriremo che i giovani non si limitano a chiedere speranza: stanno già costruendo il loro futuro, giorno dopo giorno, con quel primo atto di coraggio che è la scelta di partire.
Questo è anche il motivo per cui continuo a svolgere il lavoro che faccio con passione. Se desiderate approfondire le opportunità e le strategie per supportare i giovani in questo percorso di crescita, contattatemi direttamente, per ricevere ogni informazione al riguardo.